Il libro Matrimonio Siriano è uscito nel 2017 con la Infinito Edizioni grazie a un progetto di crowdfounding, ho già parlato in questo post della presentazione cui ho assistito ad aprile.
Adesso che il libro è stato ripubblicato con Rubbettino Editore ed è stato generosamente ampliato con un approfondimento su quella che è la situazione politica attuale e sulle prospettive che si aprono ai profughi siriani.
L’opera è un misto di saggistica e reportage ma vorrei porre l’attenzione sui rimandi letterari che si trova di fronte il lettore.
Ho avuto la possibilità di introdurre l’autrice Laura Tangherlini in collaborazione con la volontaria di Emercency Carla Luzi durante una sua presentazione del libro presso la Libreria Mondadori di Fano, in fondo al post, per i curiosi, lascio il mio intervento che è una sintesi molto stringata di questo post.
È istintivo trovare un paragone con i reportage di Oriana Fallaci.
Quello che accomuna le due autrici, oltre al fatto di essere italiane, donne e giornaliste, è il coraggio che non è quello macho di sfidare il pericolo noncurante delle conseguenze e senza paura ma è il coraggio di affrontarla questa paura. Oriana scriveva in “Niente e così sia” che “ci vuole un amico alla guerra, ci vuole qualcuno a cui dire “Ho paura” e la paura non è solo quella della guerra ma è anche e soprattutto la paura di confrontarsi con una realtà dolorosa coscienti della possibilità di ritornare feriti, scossi, turbati dalle testimonianze raccolte, dalle immagini di guerra, povertà ed emarginazione che arrivano dagli occhi dei bambini e delle madri.
È la coscienza del pericolo emotivo e delle sue conseguenze che rende coraggiosi.
Matrimonio Siriano è un’opera a cornice: c’è un racconto principale, il viaggio di nozze di Laura e Marco e in ogni luogo, a ogni incontro, vengono narrate le storie dei protagonisti del fenomeno migratorio che coinvolge i profughi siriani, certo, ma anche le tante realtà benefiche di cooperazione e le ONG che collaborano a rendere migliore la condizione dei siriani in Libano, Giordania e Turchia, ci sono i racconti delle popolazioni sul cui territorio questi profughi sono accolti, che temono che la situazione possa protrarsi a lungo e che i profughi finiscano di “rubare” il poco lavoro che c’è o che contribuiscano a far abbassare ulteriormente le paghe per i lavori manuali, ci sono poi i racconti dei profughi che riescono a farcela e si mettono a loro volta al servizio dei più bisognosi.
Matrimonio siriano, per la sua struttura e narrazione, è più vicino alla letteratura che alla saggistica, è più vicina al memoriale: è una raccolta di microstorie, di nomi, luoghi, persone, ricordi, immagini in parole come un caleidoscopio che muta l’immagine e la restituisce mutata a seconda della rotazione impressa da chi ci guarda attraverso. Allo stesso modo il libro, per la sua frammentazione, restituirà al lettore un’immagine specchio di come avrà voluto affrontare questa lettura: se concentrandosi più sull’aspetto politico, umano o figurato.
E il grande vantaggio che apporta questa lettura piuttosto che una intervista televisiva è il tempo: il tempo che il lettore dedicherà a queste parole. Perché se è vero che un’intervista televisiva ha un impatto molto forte su di noi perché al racconto si uniscono le immagini e i suoni, è anche vero che questo impatto è meno duraturo perché sarà limitato nel tempo a qualche minuto e perché immediatamente dopo verremo impattati da un altro racconto, un’altra intervista che andrà a sovrapporsi a quella che abbiamo appena visto e ascoltato. La lettura è sintetizzabile come una serie di microimpatti ripetuti nel tempo che si sovrappongono l’uno all’altro creando uno strato di consapevolezza che agirà da sotto la nostra coscienza mentre la televisione agisce sulla superficie. Stratificandosi si farà più incisivo e determinante.
Dal punto di vista letterario e culturale, come lettrice sono rimasta colpita dalle storie raccontate da Laura nel suo libro perché hanno evocato altre storie e altri racconti già sentiti o visti nei libri letti o nei film visti e molto è legato a un certo tipo di letteratura distopica o dell’assurdo.
Ci sono molti passi che ricordano Il maestro e Margherita di Bulgakov e sono i passi relativi ai documenti. Bulgakov era uno scrittore russo che scriveva ai tempi dell’Unione Sovietica. Il Maestro e Margherita fu scritto e riscritto tra il 1928 e il 1940 per essere pubblicato postumo tra il 1966 e il 1967. Ne “Il Maestro e Margherita” c’è una frase che mi ritorna continuamente alla memoria e che è molto indicativa di come fosse burocratizzato il regime sovietico ovvero:
“Se non esistono i documenti, non esiste neppure la persona”.
In Bulgakov questa asserzione ha risvolti comici e assurdi: documenti correttamente conservati d’improvviso scompaiono allo scomparire delle persone mentre, allo stesso tempo, il diavolo riesce a esibire con noncuranza il suo biglietto da visita-documento che prova che lui è il professor W. e si esibirà a teatro.
In “Matrimonio siriano, un nuovo viaggio” il problema dei documenti viene ripetutamente affrontato proprio a indicarne l’importanza: molti profughi siriani non hanno potuto portare con loro i documenti oppure li hanno perduti nella fuga o glieli hanno sequestrati. Di fatto ci troviamo di fronte a un mare di invisibili, di inesistenti: tutti coloro che non potranno presentare un certificato di nascita saranno inesistenti e non potranno usufruire degli aiuti molti dei bambini nati da genitori profughi si ritrovano senza il certificato di nascita perché i genitori non possono produrre il certificato di matrimonio, tutti coloro che non potranno presentare un certificato di matrimonio non potranno richiedere il ricongiungimento familiare e anche per questo i numeri che escono dalle statistiche sui profughi sono in realtà numeri per difetto, per grande difetto. i sono organizzazioni umanitarie come Intersos che si occupano proprio di questo: aiutare i profughi a trovare i documenti che certifichino la loro esistenza e diano loro diritto a un sostegno economico.

Un altro rimando letterario culturale che emerge dalla lettura è legato al Dottor Zivago, il film interpretato da Omar Shariff e tratto da un libro di Boris Pasternak. È la scena in cui il dottor Zivago, mentre cammina nella neve per tornare a casa o andare in paese viene arruolato a forza dai partigiani rossi ai quali serve un medico, di fatto lo rapiscono e lo obbligano a stare con loro per circa due anni senza che nessuno possa avvisare la famiglia, il dottor Zivago sparisce nel nulla e nessuno ne ha più notizie. È lo stesso che è capitato a molti uomini siriani e che potrebbe capitare a tutti i rifugiati maschi di ritorno in età adatta al servizio militare: verranno immediatamente coscritti e obbligati a prestare servizio militare per poi sparire nelle caserme o essere mandati al fronte come prima linea, carne da macello spendibile in quanto, fuggiti dalla Siria, hanno dimostrato di non supportare il regime di Bashar al Assad e quindi o sono traditori destinati al carcere o alla morte, oppure diventeranno carne da macello.

Per chi vorrà trovare lavoro durante la ricostruzione sarà ugualmente necessario aver prestato servizio militare: l’arruolamento sarà condizione necessaria, in molti casi, per poter godere di un posto pubblico o un impiego duraturo e questo è Heinlein, maestro della letteratura fantascientifica che nel suo Fanteria dello spazio “Starship troopers”, da cui è stato tratto anche un film nel 97, teorizza come condizione primaria per godere dei diritti civili l’aver servito nell’esercito. Il Servizio Federale volontario è requisito primario per godere dell’elettorato attivo, dell’elettorato passivo e della possibilità di insegnare storia e filosofia.

Non è necessario essere degli esperti di politica internazionale per capire che tutte le guerre fanno schifo e che si lasciano dietro macerie e sofferenze ma bisogna anche pensare a chi sono i Siriani.
E i Siriani siamo noi.
I Siriani siamo noi, siamo anche noi, e lo siamo per ragioni storiche.
Da appassionata del Medioevo non potevo trovare un collegamento con la storia delle Crociate nel leggere di Siria e i riferimenti mi sono venuti immediatamente alla mente.

Quando nel 1095 Papa Urbano II invocò a Clermont il soccorso armato dell’Occidente in favore di Costantinopoli contro l’invasione selgiuchida, a migliaia risposero all’appello dando origine a quella che viene considerata la Prima Crociata guidata da moltissimi nobili cattolici europei.
Durante proprio la Prima Crociata venne fondato il Principato di Antiochia che copre un’area a cavallo del confine turco-siriano, fu fondato da Boemondo di Taranto, un discendente dei Normanni che avevano all’epoca il dominio sull’Italia Meridionale. Le crociate erano anche e soprattutto l’occasione per i figli cadetti delle casate nobili europee per trovare fortuna, farsi un nome e guadagnar ricchezze. Al seguito dei nobili venivano eserciti formati ovviamente da giovani maschi, anche loro in cerca di fortuna.
E cosa accade quando giovani maschi si insediano in un nuovo territorio conquistato e fanno fortuna? Generalmente tendono a far famiglia.
Solo che non è facile portare in Antiochia decine di donne europee: il viaggio è lungo, pericoloso, ci sono i predoni e un’infinità di possibili malattie che si possono contrarre, così molti degli uomini al seguito di Boemondo di Taranto presero in moglie donne locali.
I contatti, gli scambi, le unioni, le relazioni tra Occidente e Medio Oriente continuarono nei secoli fino alla caduta definitiva di Costantinopoli; i Franchi, come venivano chiamati tutti gli europei in Medio Oriente, impararono l’arabo, si posero in contatto con il mondo culturale e scientifico locale e vennero a conoscenza di teorie e scoperte in campo scientifico come la medicina, la matematica e l’astronomia che in Occidente erano state accantonate a favore di un sapere più letterario e teologico. Con il perdurare degli scambi queste conoscenze furono portate in Europa contribuendo alla crescita culturale, scientifica e tecnologica dell’Occidente.
Per questo ci sentiamo tanto vicini ai Siriani e alle loro storie: la loro storia è strettamente intrecciata alla nostra, il loro DNA contiene pezzetti del nostro e quando vediamo i loro volti, in realtà è il nostro che stiamo guardando.

La mia introduzione, brevissima, in libreria